Mutande commestibili

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Omega™
view post Posted on 8/1/2009, 17:21




L'uomo, un cittadino tedesco dell'età di quarant'anni, era passato a miglior vita soffocato da un paio di mutande commestibili che si era premurato di fare indossare all'amante. Durante l'amplesso, il poveretto, aveva inghiottito i lembi del tessuto, mangereccio, nutrendosene avidamente, mordicchiando le mutande, un pezzetto per volta, mentre era impegnato nel sommergere di baci e carezze il pube della donna.
Prima dello sfortunato episodio l'uomo aveva già avuto modo di assaporare altri campioni di mutande commestibili senza incappare in nessun inconveniente, ma stavolta, all'apice dell'eccitazione e in affanno col respiro, un frammento di tessuto, anziché prendere la via dell'esofago, aveva seguito la direttrice della trachea soffocandolo.
A nulla erano servite le urla disperate della donna che si era ritrovata il viso sgomento del compagno, ormai cianotico, sopra di sé, senza sapere cosa fare per soccorrerlo.
* * *

Camminavo spedito sul marciapiede diretto verso casa con il pensiero alle mutande commestibili senza occuparmi di ciò che mi stava d'intorno. Avevo letto con curiosità l'articolo apparso nelle pagine di cronaca del Corriere della Sera a proposito della disavventura capitata al cittadino tedesco, ed ero rimasto sorpreso nell'apprendere dell'esistenza di questo particolare tipo di lingeria femminile. Dinanzi a una bottega di biancheria e indumenti intimi femminili, considerai l'idea di fare visita ad un porno shop e procuramene un paio. Mi sarebbe piaciuto assaggiarle, magari prestando attenzione a non ingozzarmi com'era accaduto al cittadino tedesco.
Al chiosco della rivendita di giornali, ubicato a pochi passi dal palazzo che ospita la mia abitazione, scorsi Marilena. L'avevo conosciuta qualche mese addietro al Maxim Bar, un locale alla periferia della città. Era stata lei a suggerirmi d'invitarla a casa mia dopo che avevamo consumato un paio di birre al bancone del bar. Avevamo trascorso tutta la notte nel mio letto a scopare, poi al mattino se n'era andata via. Ero rimasto sorpreso dai movimenti della bocca, piuttosto piccola, con cui mi aveva succhiato il cazzo facendomi godere come poche altre compagne di letto c'erano riuscite prima di lei.

L'autobus arrestò la corsa alla fermata posta a pochi metri dall'edicola. Tre o quattro persone scesero dal mezzo pubblico e presero direzioni diverse. Marilena era ferma davanti all'edicola e sembrava rivolgere la propria attenzione alle riviste di cucina esposte nelle vetrinette della rivendita di giornali. Indossava una gonna cortissima, un paio di sandali legati al piede con dei lacci che salivano oltre la caviglia, e una camicetta bianca con un ampio decolleté che metteva in luce l'incavo fra le tette. Quando mi vide, riflesso nella vetrina dell'edicola, si girò e mi serrò le braccia attorno al collo.
- Ciao! - disse facendomi dono di un largo sorriso.
La morbidezza delle labbra che lasciò cadere sulle mie avevano il sapore del rabarbaro.
- E tu cosa ci fai qui? - chiesi.
- Avevo voglia di vederti. Ti spiace?
- No... no, mi fa piacere averti vicina.
- Vengo su da te...
- Non ho niente di pronto da mangiare.
- Umm... non importa, ci arrangeremo.
Mi prese sottobraccio e mi trascinò verso il portone di casa.
- Dai, Lorenzo, andiamo... dai. - disse.
Trovarla ad attendermi sotto casa mi aveva fatto piacere. Non lo aveva mai fatto prima. Non facevamo coppia fissa, Marilena era fidanzata con un architetto, ma scopavamo, anche se era sempre lei a cercarmi.
Mentre l'ascensore risaliva lungo i sette piani che conducevano al pianerottolo del mio appartamento non trovai di meglio che scodellarle una delle mie domande balorde.
- Non devi essere a casa del tuo fidanzato stasera? Oppure non ci vai più il giovedì?
- Ho litigato con quello stronzo!
- Avete litigato?
- Sì.
- Perché? - chiesi mentre infilavo la chiave nella toppa della serratura.
- E' un porco, ecco quello che è, ma non ho voglia di parlarne.
Dentro casa andò a sedersi sul divano. Si liberò dei sandali e si sdraiò sull'imbottitura di pelle.
- Vuoi da bere? - dissi.
- Birra, grazie. - assentì.
Ritornai nella stanza poco dopo stringendo nelle mani due Corona. Andai a sedermi accanto a Marilena che scostò le gambe per farmi spazio sul divano.
- Vuoi un po' d'erba? - chiese.
Senza darmi il tempo di rispondere tirò fuori dalla borsetta una bustina di plastica. L'involucro conteneva erba. Appoggiò la confezione sopra le ginocchia e aprì una cartina per il tabacco. Distribuì i frammenti sulla sottile striscia di carta bianca fino a raggiungere la quantità desiderata. Arrotolò la cartina e inumidì con la saliva uno dei lembi che si affrettò a fare aderire alla superficie sottostante, dopodiché mi offrì lo spinello, poi ripeté la stessa operazione mettendone a punto un secondo per sé.
Tolse dalla borsetta l'accendino e diede fuoco alle due paglie di marijuana. Le prime boccate di fumo consumarono la parte estrema degli spinelli. Accostai il capo all'indietro e godetti dell'effetto del fumo su di me. Restammo a lungo a chiacchierare, seduti sul divano, fumando e bevendo birra.
Marilena, addolcita dagli effetti del fumo, incominciò ad accarezzarmi il viso sfiorandomi delicatamente le sopracciglia. Da un po' mantenevo la mano eclissata fra le sue cosce sfiorandole la fica velata dal minuscolo tessuto delle mutandine. Era bagnata fradicia e le dita naufragavano nella sostanza che le colava dalla fica. Cominciammo a baciarci ficcando la parte estrema della lingua nella bocca dell'altro. Continuai a sfregare le dita sul bocciolo del clitoride inumidendolo con l'umore della fica per non irritarlo. Marilena scoperchiò la patta dei miei pantaloni e strinse il cazzo nella mano. Lo scappellò rivoltando la corona del prepuzio. La cappella, stretta nella sua mano, assunse un colore violaceo ed aumentò di volume.
Seduti uno accanto all'altra ci masturbammo a vicenda guardandoci teneramente negli occhi, accrescendo il desiderio che avevamo di scopare. Sospinsi il capo di Marilena sulla cappella e lei cominciò a scoparmi con la bocca.

Respirava a fatica dalle narici senza mai distaccare la cappella dalle labbra. Continuò a spompinarmi a lungo, fintanto che ci ritrovammo coricati sul tappeto. Le salii sopra e la montai da dietro.
Il buco del culo era quanto di più stretto mi potesse riservare il suo corpo. Cominciai a scoparla introducendo la cappella nell'ano dopo averlo inumidito con la saliva. Il muscolo dello sfintere stringeva il cazzo divinamente mentre la inculavo. Glielo infilai dentro fino alla radice, piano, con calma, senza fretta. Rimasi qualche istante fermo, poi tirai fuori il cazzo e la penetrai di nuovo, stavolta introducendo solo la cappella. Seguitai ad entrare ed uscire dal suo corpo mentre, carponi sul tappeto, cominciò a gemere e lamentarsi per la sofferenza che le procuravo penetrandola a quel modo. Insensibile ai lamenti continuai a scoparla fintanto che si divincolò e si mise supina sul tappeto davanti a me.
Ambedue avevamo il corpo imperlato di sudore. La serata era calda e la stavo montando da un quarto d'ora senza venire. Allargò le cosce e me lo prese in mano mentre stavo inginocchiato davanti a lei pronto a penetrarla nella fica. Passò la mano sopra la cappella e l'accarezzò tradendo con l'espressione del viso la voglia che aveva d'essere scopata nella fessura fra le cosce.
Lo mise lei stessa dentro. La fica non era stretta come il buco del culo, ma s'impegnò a serrare la muscolatura della fica attorno al cazzo per trarne godimento. Marilena incominciò a sbattere la testa da un lato all'altro del tappeto aggrappando le braccia attorno al mio collo, sprigionando dalla bocca i gemiti del piacere. Non riuscii a trattenermi e venni dentro di lei lasciandola inappagata e in parte delusa. Scivolai verso il basso e annusai la fica, poi cominciai a leccarla colma com'era del mio sperma e del suo umore.
Marilena riprese ad ansimare gemendo per il piacere che sapevo trasmetterle leccandola a quel modo. Avevo la bocca sommersa dal mio sperma e del suo umore. Ripensai all'uomo rimasto soffocato, mentre si nutriva delle mutande commestibili indossate dalla partner, allarmato da questa remota eventualità deglutii in fretta la materia che mi riempiva la bocca e cominciai a succhiare il clitoride proseguendo a spompinarlo fintanto che Marilena fu prossima all'orgasmo, allora le infilai due dita nella fica e lei venne squassando il bacino, urlando di piacere.
Non rimase a dormire nel mio letto, l'accompagnai a casa verso mezzanotte, poi feci ritorno nella mia abitazione. Il giorno dopo andai a lavorare com'ero solito fare tutte le mattine.

 
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