Due ruote

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Omega™
view post Posted on 8/1/2009, 17:31




Quando si è in sella ad una bicicletta i pensieri scorrono rapidi, accavallandosi uno sull'altro, e sembrano non fermarsi mai, come il paesaggio che ci viene incontro e muta di continuo mentre sfugge ai lati della strada.
Augusto era curvo con la schiena sulla bicicletta. Le mani erano appoggiate sul manubrio. Il collo era teso in avanti come quello di una giraffa. Indossava una maglia da ciclista di colore bianco con scolpiti dei pois rossi larghi come il fondo di un bicchiere. Gli occhi, lucidi per la fatica, protetti da spesse lenti da sole, guardavano il bitume dell'asfalto.
Le nuvole si spostavano sopra la sua testa veloci e sempre più scure, presagio di un imminente temporale. L'aria fresca gli accarezzava il viso asciugandolo dalle gocce di sudore che gli scendevano copiose dalla fronte. Pedalava senza strafare, in estrema libertà, capace di cogliere le bellezze della natura che aveva d'intorno. Non c'era nessuno a dirgli cosa doveva fare come quando era in compagnia della moglie. In sella alla bicicletta era solo, solo con sé stesso, con un unico pensiero per la testa: Flavia.
Avvicinò la borraccia alle labbra e diede qualche sorsata della miscela d'acqua e sali minerali che si era preparato prima di mettersi in sella alla bicicletta. Nel momento in cui la strada cominciò a salire manovrò la leva del deragliatore e fece scivolare la catena su una ruota dentata più grande. La pedalata diventò più agile facilitandogli il proseguo del viaggio. In prossimità di un tornante, là dove la pendenza della strada si era fatta più ostica, si alzò sui pedali scuotendo il sedere umido di sudore, poi riprese l'arrampicata, seduto sul sellino, con le mani stese sul manubrio.
Arrampicandosi per la salita manteneva la bocca aperta sbuffando in continuazione per la mancanza di ossigeno. I muscoli della gambe gli dolevano per la stanchezza. Le tempie gli scoppiavano per lo sforzo che gli sembrò essere persino superiore a quello occorsogli per scopare Flavia. Con lei aveva fatto l'amore stando ritto in piedi reggendola con la forza delle braccia mentre la scopava.
Pedalava e ansimava in maniera scomposta. Serrò i denti e spinse con tutte le forse sui pedali senza mai fermarsi, come gli succedeva quando faceva l'amore allorché affondava il cazzo fra le cosce di una donna.


* * *

Aveva conosciuto Flavia qualche giorno addietro, allorché si era fermato a consumare il pranzo nell'agriturismo che la ragazza gestiva insieme ai genitori. Il cascinale sorgeva a ridosso dell'argine maestro del Po, sulla strada provinciale che congiunge Polesine Parmense a Roccabianca.
Quando aveva messo piede nell’agriturismo ad accoglierlo era venuto un uomo obeso, in maniche di camicia, con il grembiule arrotolato attorno alla vita, che lo aveva fatto accomodare ad un tavolo apparecchiato per due persone. Dopo avergli consegnato la carta del menù si era allontanato senza attendere l'ordinazione.
Augusto si era accorto della presenza di Flavia quando l'aveva vista servire le pietanze ai tavoli degli altri clienti. Indossava un grembiule bianco sopra una gonna e la camicetta. Si muoveva fra i tavoli sorreggendo più di un piatto che faceva scivolare sotto il naso dei clienti. Il fondoschiena aveva attirato l'attenzione di Augusto e quella degli altri clienti seduti ai tavoli. Visto da dietro il culo sembrava sguarnito di mutande. Oppure la ragazza indossava un perizoma, pensò. Ma non prese in considerazione quest'ultima eventualità, certo che il movimento scomposto delle natiche, sotto l'esile tessuto della sottana, fosse dovuto alla mancanza delle mutande.
Il resto del corpo della ragazza non era male. Ne ebbe la conferma quando si presentò al tavolo dove era seduto per ricevere l'ordinazione.
- Buongiorno! Ha deciso cosa ordinare?
Il viso tondo, non troppo truccato, le conferiva un aspetto paesano. I capelli castano chiaro, racchiusi da un elastico dietro il capo, formavano una lunga coda di cavallo. Nelle mani non indossava anelli, né aveva le unghie smaltate. Una ragazza acqua e sapone, così l'aveva giudicata.
Si era meravigliato nell’udire l'accento della sua voce. Una erre francese che accompagnava l'intonazione delle parole.
Vista da vicino mostrava meno vent'anni e una vaga rassomiglianza con Laetizia Casta, soprattutto per gli incisivi leggermente accavallati e le lentiggini sulle guance.
- E' la prima volta che vengo qua. Non conosco il menù. - disse Augusto volgendo lo sguardo alla carta con su la lista dei cibi.
- Il nostro è un agriturismo. Tutto quello che portiamo in tavola è prodotto nella nostra azienda agricola.
- Un primo piatto, sì mi porti un primo piatto con...
- Minestrone di fagioli, le va bene? - lo interruppe la ragazza.
- Sì... sì... - diede conferma Augusto, sorpreso dai modi spicci di Flavia, ma soprattutto turbato dall'ampia scollatura della camicetta che metteva in evidenza l'attaccatura delle tette.
- E di secondo?
- Che cosa avete?
- Faraona arrosto, punta di vitello, coniglio alla cacciatora...
- Va bene il coniglio alla cacciatora.
- Da bere?
- Lei cosa mi consiglia?
- Abbiamo del buon lambrusco o del Fortana. E' un vino frizzante le cui viti crescono in riva al fiume Taro ed è facilmente digeribile.
- Vada per il Fortana.
- Una bottiglia o lo preferisce del vino sfuso?
- Basta un quartino.
- Okay... torno subito.
La ragazza si era allontanata sculettando, accentuando il movimento delle anche, come se volesse attirare l'attenzione su di sé. Ma non aveva bisogno di utilizzare simili espedienti, era fin troppo carina per la sua giovane età.

Mentre era in attesa che gli fosse servito il pranzo Augusto aveva consultato l'agenda che si portava appresso. Lo sguardo era corso sui nomi dei medici condotti cui avrebbe dovuto fare visita nel pomeriggio. Sospese la lettura dalla ragazza che gli collocò una fondina colma di minestrone di fagioli davanti a lui.
- Il profumo è buono.
- Aveva dei dubbi?
- No, affatto, specie se a soddisfare il mio palato c'è una ragazza bella come lei.
- Già...
- Spero di non averla offesa, volevo solo complimentarmi per il suo sex-appeal.
- E poi?
La ragazza si era allontanata lasciandolo di stucco, rispondendo ad una domanda con un'altra interrogazione. Prima di oltrepassare la porta della cucina l'aveva vista girare il capo nella direzione dove era seduto, dopodiché era scomparsa dentro la stanza.
Ad Augusto era sempre piaciuta la figa. Non si faceva scrupolo di chiedere favori, anche in modo sfacciato, alle donne che gli capitavano a tiro. Con Flavia si era limitato a cucirle addosso qualche complimento ogniqualvolta la ragazza si era avvicinata al tavolo per servirgli un piatto. Aveva sbagliato nel considerarla troppo acerba per un corteggiamento. Ne ebbe la conferma poco più tardi.
Al momento di accomiatarsi aveva pagato il conto nelle mani del padre della ragazza dimenticando persino di salutarla.

Uscito dalla trattoria si era incamminato verso la sommità dell'argine. Il Po, con le sue acque torbide, metteva sgomento solo a guardarlo. Sembrava dovesse tracimare dagli argini da un momento all'altro sommergendo le campagne circostanti come era accaduto nel lontano 1952.
Percorse a piedi un breve tratto dell'argine e raggiunse una cabina in muratura per la distribuzione dell'alta tensione. Si mise al riparo sotto il cornicione dell'edificio al riparo dalla pioggerellina che continuava a cadere in modo incessante. Stregato dallo spettacolo del fiume in piena non si era accorto dell'avvicinarsi di Flavia, la ragazza che poc'anzi gli aveva servito il pranzo nella trattoria.
Quando si avvide della presenza ragazza lei era giunta a pochi passi da lui. Indossava un impermeabile incerato, giallo canarino, completo di cappuccio di una misura troppo grande per lei ed aperto sul davanti. Sotto l'impermeabile indossava la medesima veste e camicetta che le aveva visto addosso quando serviva i clienti.
- Anche lei qui? - le aveva domandato incuriosito.
- Ti ho visto risalire la strada che conduce sull'argine e ti ho seguito. Ho fatto male?
- No, affatto.
- Sono venuta per te.
- Per me?
- Sì, per te..
- Non capisco.
- Prova ad immaginarlo.

* * *


Il corpo di Flavia era caldo. Profumava d'arrosto e rosmarino. Insolente e per niente imbarazzata gli aveva abbassato la lampo e infilato la mano nella patta dei pantaloni, poi gli aveva tirato fuori il cazzo.
- Ho voglia... di scopare. Vuoi mettermelo dentro? - gli aveva sussurrato all'orecchio.
Intorno a loro non c'era anima viva, l'unico rumore che percepivano era quello assordante delle acque del fiume. La ragazza aveva provveduto a levarsi il perizoma facendolo scivolare sotto le caviglie, poi aveva condotto la mano di Augusto a contatto della figa tentandolo con gli umori di cui era pregna la fessura.
Augusto aveva provveduto ad avvolgendo le natiche con entrambe le mani. Flavia era stata lesta a cingergli gambe e caviglie attorno la schiena, poi aveva sospinto il bacino in avanti lasciandosi penetrare. Lo aveva fatto guidando con la mano la cappella nella fessura, poi aveva serrato le pareti della figa attorno al cazzo come una morsa.
Ad Augusto la cosa aveva fatto molto piacere. Aveva lasciando che fosse lei a muoversi assecondandola nei movimenti che imprimeva al bacino, sorreggendola a fatica puntellato contro la parete della cabina elettrica.
Mantenne gli occhi socchiusi durante tutto il tempo della scopata, ansando per la fatica che gli procurava mantenere l'insolita posizione. Guancia contro guancia avevano ascoltato i rumori che uscivano dalle loro bocche, infine avevano cominciato a mordersi le labbra, baciandosi fino al momento in cui si erano separati in modo definitivo.
Passata l'iniziale sorpresa Augusto aveva messo in gioco tutto sé stesso in quella scopata. Non gli era mai capitato di dovere subire le attenzioni di una ragazza giovane e assatanata di sesso come Flavia. L'orgasmo era giunto liberatorio dopo un po' che scopavano, quando le forze necessarie a sorreggere il peso della ragazza gli stavano venendo meno. Il protrarsi dell'orgasmo gli aveva squassato lo scheletro da capo a piedi, ma prima di venire era riuscito a gridare:
- Vengo... vengo....
Al sopraggiungere dell'eiaculazione aveva cercato di scostare il bacino della ragazza, ma lei sembrava non ne aveva voluto sapere di sfilare il cazzo dalla figa. Lo sperma era uscito fuori dall'uretra era finito tutto nella bocca di Flavia, prontamente accovacciatasi ai piedi di Augusto, decisa a non perdere una sola goccia della sostanza depositata sulla cappella.
- Ci vediamo ancora, spero. - le aveva detto.
- Può darsi... - aveva risposto la ragazza mentre si allontanava per fare ritorno alla cascina.
- Posso sapere il tuo nome?
- Flavia.
- Bel nome... - fu l'ultima parola che la ragazza disse prima di allontanarsi.


* * *


Augusto raggiunse il Passo della Cisa dopo tre ore trascorse a pedalare in sella alla bicicletta. Una leggera pioggerellina aveva reso scivoloso il manto stradale. Prima di imboccare la via del ritorno si mise al riparo sotto un cornicione. Si nutrì con due tranci di torta di marmellata e miele che si era portato appresso. L'unico caffè rimasto aperto al Passo della Cisa dopo l'entrata in funzione dell'autostrada aveva le luci accese. Guardando attraverso le finestre illuminate della caffetteria intravide una figura femminile che si muoveva dietro il bancone.
Memore di quanto gli era accaduto qualche giorno addietro nell'agriturismo, pensò che era giunto il momento d'andare a scaldarsi nel locale e gustare un buon caffè caldo.

 
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